Il Governo interviene sulla questione della buonuscita dei dipendenti pubblici con un decreto legge, non ancora pubblicato, che abroga l’art. 12 comma 10 della l. 122/10 ristabilendo le modalità di calcolo del TFS precedenti al 1° gennaio 2011.
Questa decisione giunge dopo che la sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012 ha sancito l'illegittimità della quota di finanziamento del TFR pari al 2,5% della retribuzione a carico dei pubblici dipendenti.
Come si ricorderà l’art. 12 comma 10 della legge 122/2010 aveva stabilito che i trattamenti di fine servizio fossero determinati in due quote:
- la prima relativa all’anzianità maturata al 31 dicembre 2010 secondo le modalità di calcolo previste per i singoli trattamenti (indennità di buonuscita – indennità premio di servizio);
- la seconda relativa all’anzianità maturata dal 1° gennaio 2011 fino alla data di cessazione dal servizio, secondo le modalità di calcolo previste per il TFR.
Il passaggio al regime privatistico (TFR) a far data dal 1° gennaio 2011, lasciava ipotizzare una diversa articolazione delle trattenute per l’accantonamento della buonuscita. Nel privato il prelievo è infatti del 6,91% sull’intera retribuzione utile e completamente a carico del datore di lavoro. Mentre nel pubblico impiego la norma contenuta nel Dpr n. 1032/73 prevede un versamento contributivo del 9,6% sull’80% delle retribuzione utile, di cui 7,10% a carico del datore di lavoro e 2,5% a carico del dipendente.
Le amministrazioni pubbliche, anche sulla scorta della circolare interpretativa Inpdap n. 17/2010, avevano considerato le modifiche normative della l. 122/2010 come relative al solo computo della buonuscita, senza che ciò incidesse sulla natura della prestazione o sul sistema di finanziamento, continuando così ad applicare la trattenuta del 2,5%, alla voce “opera di previdenza”.
La Corte costituzionale ha in un primo tempo ribaltato tale interpretazione dichiarando illegittimo il prelievo a carico del dipendente e aperto le porte alle azioni legali da parte dei lavoratori.
Tuttavia - in considerazione del fatto che l’applicazione della sentenza avrebbe finito per gravare interamente sul bilancio dello Stato, non solo per quanto attiene alla sospensione delle trattenute ma, anche per la restituzione delle quote già effettuate – il Governo, con il decreto legge in pubblicazione, dispone l’abrogazione dell’art. 12, comma 10 della legge n. 122/10 e ripristina le modalità di calcolo previste dalla normativa previgente (TFS).
L’INPS dovrà dunque procedere al ricalcolo dei trattamenti di fine servizio già liquidati in pro quota applicando l’art. 12, comma 10 della l.122/2010: per il periodo successivo al 1° gennaio 2011 il conteggio dovrà seguire le modalità precedenti.
La riliquidazione avverrà d’ufficio entro un anno dall’entrata in vigore del decreto; mentre, in ogni caso, le amministrazioni non potranno provvedere nei confronti del dipendente al recupero delle eventuali somme già erogate in eccesso.
Altro effetto del decreto è che i procedimenti in corso avviati dai lavoratori per ottenere la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio del 2,5%, si estinguono di diritto, tranne nel caso in cui siano state emesse sentenze passate in giudicato.